Affido e conseguenze del divorzio sulla prole

Prima del 1993, tutte le decisioni relative alla prole erano appannaggio del padre.
Il padre, considerato “capo famiglia” in ottica patriarcale, concentrava su di sé tutti gli obblighi ma, esplicava in esclusiva il potere decisionale su tutto il nucleo familiare, anche a seguito di scioglimento del matrimonio, rimanendo unico punto di riferimento della prole per la gestione e la educazione.

In seguito alla riforma della materia, sono stati notevolmente ampliati i poteri conferiti alla madre, che secondo un modello sempre più emancipato, acquisisce sulla carta pari diritti e doveri, anche in merito all’educazione della prole.
Per il diritto tunisino la custodia consiste proprio nell’educazione della prole e nell’assicurare la protezione della stessa nella propria abitazione.
La custodia può essere, in alcuni casi, revocata al suo titolare e ad ogni modo l’altro genitore può esercitare il diritto di visita.

Per ciò che riguarda il profilo economico, vi è anche in Tunisia un obbligo pecuniario al mantenimento della prole che dura sino alla maggiore età o qualora il figlio prosegua negli studi sino ai venticinque anni. La figlia, invece, ha diritto al mantenimento finché non disponga di risorse personali proprie o, comunque, fino al proprio matrimonio.
In caso di divorzio, l’affidamento viene conferito ad uno dei genitori avendo riguardo al primario interesse del minore.

La legge tunisina e la prassi in merito, propongono precisi criteri per l’attribuzione del diritto di custodia in capo ad un genitore, ed in primo luogo il Giudice è chiamato a preferire chi sia in grado di sopperire ai bisogni della prole e ad assicurarne la indennità da malattie infettive, fino al considerare preferibile il padre qualora conviva con una donna che sia in grado di prendersi cura dei suoi figli, o la madre qualora quest’ultima, al contrario, non conviva con un altro uomo, tranne che tale convivenza non sia invece considerata preferibile nell’interesse della prole.

Ancora forte appare invece la discriminazione operata nella scelta del genitore cui collocare ed affidare i figli basata sul fattore religioso. Infatti, l’interesse della prole, in materia di custodia, viene ad essere considerato alla luce della educazione religiosa che venga data ai figli, pertanto, pur non potendo la madre essere privata dall’esercizio del diritto all’affidamento perché non musulmana, la collocazione presso il padre o presso la famiglia paterna sarà preferita nei primi 5 anni del minore al fine di prevenire il rischio di una educazione religiosa differente rispetto a quella del padre.

L’allontanamento dalla religione musulmana paterna e dalle tradizioni della famiglia paterna configurano, secondo il diritto tunisino, un elemento di alienazione della figura paterna e, di conseguenza, una sorta di limitazione ai diritti del padre sui figli.
La prassi giurisprudenziale in materia ha, nel caso di coppie miste e di divorzi tra stranieri, più frequentemente stabilito la custodia dei figli al genitore musulmano residente in Tunisia per non allontanarlo dalle sue origini.

Lo studio, nell’interesse dei propri clienti, ha ottenuto dai Tribunali tunisini innovative sentenze di divorzio che hanno previsto la custodia dei figli al genitore straniero, previo accordo di mantenimento della educazione e delle tradizioni culturali e religiose del genitore musulmano, nel rispetto delle norme di diritto tunisino e dei principi di diritto internazionale privato, nell’esclusivo e certamente primario interesse della prole.
La disciplina del divorzio sopradescritta presenta peculiarità applicabili anche alle coppie miste o straniere che comunque vogliano usufruire della procedura esposta in questa rubrica.

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