Il divorzio in Tunisia

La Tunisia è il primo paese arabo per numero divorzi all’anno.
Così come il matrimonio in Tunisia è configurabile come contratto disciplinato dal codice, il suo scioglimento – divorzio – è disciplinato secondo le norme dal codice previste in relazione ai diritti di assistenza e mantenimento che dal matrimonio scaturiscono.
In Tunisia la disciplina del divorzio ricalca il sistema francese e, di conseguenza, è molto simile a quello italiano, e degli ordinamenti di civil law, ad eccezione di specifiche peculiarità tipiche di ciascun ordinamento.

In Tunisia, come in Italia e nei sistemi giuridici occidentali, il divorzio rappresenta lo scioglimento del matrimonio e, di conseguenza, la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ma a differenza che in Italia, il divorzio non può essere definito senza il preventivo passaggio della separazione tra i coniugi, ed il decorso del tempo previsto per legge dalla separazione stessa. La disciplina del divorzio in Tunisia è, pertanto, molto rapida e snella e in linea di massima efficace in quanto volta a definire il rapporto di coniugio e a disciplinare i rapporti economici tra i coniugi e la gestione dei figli, senza alcuna ulteriore formalità.
Il principale testo normativo di riferimento in materia di divorzio è il codice dello statuto personale tunisino, che disciplina tutti gli aspetti relativi al matrimonio, al divorzio e alla famiglia in generale e si caratterizza per l’apporto innovativo dato all’intera disciplina che, a differenza di quanto disciplinato nella maggior parte dei Paesi arabi, non prevede alcun obbligo contrattuale o religioso posto in essere con il fidanzamento, e stabilisce la necessità del solo consenso di entrambi i coniugi per il suo perfezionamento.
La legge tunisina, inoltre, si distingue tra le legislazioni degli altri Paesi islamici per l’abrogazione dell’istituto del ripudio, secondo il quale il marito poteva in modo del tutto arbitrario mettere fine al matrimonio. L’originalità del Codice tunisino sta nell’aver posto l’uomo e la donna su un piano di parità in materia di divorzio, mentre la šharī‘a riconosce solo al marito il diritto del ripudio privato unilaterale e non lascia alla donna che il ricorso al divorzio giudiziario in determinati casi. La Mağalla abolisce il ripudio, concedendo ai due sposi lo stesso diritto al divorzio ammesso soltanto in via giudiziale. Il divorzio può essere richiesto indifferentemente da uno dei due coniugi:
1. Per danno o con addebito: in questo caso l’istanza di divorzio viene presentata da uno dei coniugi che si ritiene danneggiato dal comportamento dell’altro; la parte lesa deve produrre delle prove del danno, materiale o morale, subito. Questa procedura, di norma, si attiva qualora un coniuge è venuto meno agli obblighi matrimoniali, tanto da poter arrecare (o aver arrecato) pregiudizio all’altro. Si possono citare a titolo di esempio: l’adulterio, le violenze familiari, il fatto che il marito non sopperisca ai bisogni economici della sposa e dei figli, l’abbandono della casa coniugale o più semplicemente il mancato rispetto di uno degli obblighi fissati dal contratto di matrimonio. Questa forma di divorzio prevede la possibilità, da parte di colui che promuove la domanda giudiziale, di vedersi riconosciuto un indennizzo a titolo di risarcimento del danno per il pregiudizio patito.
2. Per mutuo consenso. La forma consensuale prevede che i due coniugi presentino all’autorità giudiziaria competente un accordo espresso sulla domanda di divorzio e sulle sue conseguenze. Il Giudice, sentiti i coniugi, si pronuncerà sul divorzio. Le modifiche proposte, in sede di udienza, da una delle parti, hanno validità solo in caso di assenso dell’altro coniuge.
3. Senza motivo o, come viene definito dalla giurisprudenza tunisina, “per capriccio” in quanto il coniuge che richiede lo scioglimento del legame non è tenuto ad addurre giustificazioni alla decisione di divorzio, con l’obbligo per il congiunto richiedente di assumersi tutte le responsabilità, accollandosi l’onere di pagare i danni e indennizzare il coniuge dal quale vuole separarsi. Una riforma del codice nel 1981 ha toccato il divorzio senza motivo, l’equivalente, nella pratica, al ripudio giudiziario, soprattutto esercitato dagli uomini. Il legislatore, in questo caso, rompe il principio di uguaglianza, a favore della donna. Il domicilio coniugale appartenuto alla coppia generalmente viene concesso in uso alla moglie, in quanto, nella grandissima maggioranza dei casi, è a essa che viene affidata la custodia dei figli. Quando subisce il divorzio, la donna è in diritto di domandare la riparazione del pregiudizio subito sotto forma di una rendita vitalizia che il coniuge, il quale ha avviato il procedimento di divorzio, deve erogare. È un’innovazione giuridica molto importante che non trova precedenti né legami con la tradizione classica, prevista dall’art. 31 del codice dello Status Personale Tunisino. Quest’ultima soluzione si differenzia dalle precedenti in quanto la domanda può essere promossa da un coniuge senza la necessità di un motivo che ne giustifichi la richiesta e, comunque, senza il consenso del congiunto. Il coniuge che non ha promosso il divorzio e che non ha prestato il consenso allo stesso può richiedere un corrispettivo come indennizzo che verrà liquidato dal giudice in via equitativa.
La sentenza di divorzio viene pronunciata solamente dopo uno o più tentativi di conciliazione e non può essere decisa né discussa se non vi è la presenza fisica del ricorrente, anche se quest’ultimo ha conferito mandato al proprio difensore. Il numero delle udienze per la trattazione fino alla pronuncia della sentenza di divorzio varia in base alle difese delle parti e la eventuale presenza di minori.
In caso di fallimento nella conciliazione, il Presidente del Tribunale adotta le misure urgenti necessarie, concernenti la residenza dei coniugi, l’assegno alimentare e di mantenimento, la custodia e l’affidamento dei figli ed il conseguente diritto di visita del genitore non collocatario.
Tali provvedimenti urgenti vengono assunti per mezzo di ordinanza e sono suscettibili di revisione.
Il Giudice, nella suddetta procedura, può agire d’ufficio, anche se è previsto che le parti possano, di comune accordo, stabilire in autonomia tutte o parte delle condizioni di divorzio. L’interesse dei minori rappresenta, comunque, il principio a tutela del quale il Giudice deve pronunciarsi anche in presenza di un accordo tra le parti, non ammettendo condizioni e clausole lesive di tale interesse ove proposte.
Il diritto tunisino, così come quello islamico prevede, in genere, come regime matrimoniale, quello della separazione dei beni. Conseguentemente, ciascuno dispone liberamente dei propri beni durante il matrimonio e dopo la sua dissoluzione.
Per quanto riguarda la dote, istituto ancora presente nel diritto tunisino, la sua disciplina a seguito di scioglimento di matrimonio si distingue in due ipotesi:
La dote ed i regali rimangono, di norma, di proprietà della sposa, qualunque sia la causa del divorzio. In caso di mancato versamento della dote al momento del matrimonio, questa deve essere versata al momento del divorzio; se il matrimonio non è fosse stato consumato, la sposa ha diritto a metà della dote, anche qualora abbia responsabilità nel divorzio. Se, invece, la separazione le fosse imputabile avrebbe l’obbligo di restituire tutti i regali (secondo la loro consistenza) ricevuti fino al giorno del divorzio;
Per quanto invece riguarda la casa familiare, questa, di norma è assegnata al coniuge che ottenga la custodia della prole.
Il marito, in qualità di capo famiglia, deve sopperire ai bisogni della moglie durante tutta la durata del matrimonio a condizione che la moglie adempia ai suoi doveri coniugali. Il suddetto obbligo resta in capo al marito anche dopo la cessazione del matrimonio, spettando a quest’ultimo l’obbligo di versare un assegno di mantenimento nei confronti dell’ex coniuge.
Qualora, nel caso di matrimonio consumato, vi sia stato un pregiudizio materiale, lo stesso dà luogo ad una equa riparazione a scelta del coniuge tra il versamento forfettario di un capitale oppure di una rendita pagabile mensilmente.
L’ammontare della rendita viene fissata dal giudice sulla base: della durata del matrimonio, dell’età degli sposi, del tenore di vita dei coniugi in costanza di matrimonio. Come avviene anche in Italia, la succitata rendita è soggetta a revisione in caso di modifica delle condizioni di vita di uno dei coniugi ed il diritto a percepirla cessa nel caso in cui il beneficiario contragga nozze.
Nel matrimonio non consumato, invece, qualora vi sia stato un pregiudizio materiale, si dà luogo ad una riparazione pecuniaria una tantum lasciata al discreto apprezzamento del giudice in base ai requisiti sopra richiamati.
Nell’ipotesi in cui il Giudice debba pronunciarsi in merito a domanda di divorzio proposta da un coniuge straniero, lo stesso dovrà pronunciarsi applicando le norme e la prassi del diritto interno ma dovrà comunque, e senza alcun pregiudizio, decidere osservando anche il diritto proprio di ciascun coniuge ed il diritto del luogo dove la famiglia ha avuto la sua principale dimora, oltre che in base al primario interesse della prole.
Lo Studio Legale Internazionale Giambrone è un punto di riferimento in materia di diritto di famiglia per clienti italiani, tunisini e stranieri, avendo specifica conoscenza della legislazione tunisina e di quella italiana, così come del diritto europeo e del diritto internazionale privato, necessaria per definire una strategia legale personalizzata che tuteli gli interessi della persona, della coppia e di eventuali figli.

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