La poligamia in Tunisia

L’abolizione della poligamia rappresenta, sicuramente, la riforma più audace verso la quale si è spinto il legislatore tunisino. La completa interdizione si è affermata attraverso gli emendamenti del 1964 dell’articolo 18. La Mağalla dichiara nullo e senza effetto, sul piano civile, ogni matrimonio con una seconda sposa, quando sussiste un primo contratto di matrimonio valido. La trasgressione comporta la prigione e/o il pagamento di un’ammenda pecuniaria.

La poligamia è l’istituto che sancisce in maniera chiara e significativa la sperequazione tra la posizione dell’uomo e quella della donna all’interno del matrimonio. Gli interpreti della Mağalla tendono a leggere questa riforma come fedele allo spirito dell’islām, attraverso un audace lavoro di iğtihād. Il permesso poligamico è una realtà indubitabile, che trova fondamento nel testo coranico nella sura IV, 3. Ma i riformisti interpretano tale versetto, legandolo a uno successivo (IV, 129) il quale sancirebbe l’interdizione stessa dell’istituto. Anche se mosso dalle migliori intenzioni, l’uomo non è in grado di soddisfare la condizione di essere equo e giusto con le diverse spose: il trattamento eguale delle quattro spose si rileva, dunque, un’utopia.

Risulta evidente come le riforme del legislatore tunisino siano state intraprese, non affermando la separazione del diritto dalla religione, ma giustificandole nel quadro religioso, ossia nel quadro di una lettura nuova della šharī‘a.
La legge tunisina, inoltre, si distingue tra le legislazioni degli altri Paesi islamici per l’abrogazione dell’istituto del ripudio, secondo il quale il marito poteva in modo del tutto arbitrario mettere fine al matrimonio. L’originalità del Codice tunisino sta nell’aver posto l’uomo e la donna su un piano di parità in materia di divorzio, mentre la šharī‘a riconosce solo al marito il diritto del ripudio privato unilaterale e non lascia alla donna che il ricorso al divorzio giudiziario in determinati casi. La Mağalla abolisce il ripudio, concedendo ai due sposi lo stesso diritto al divorzio ammesso soltanto in via giudiziale. Il divorzio può essere richiesto indifferentemente da uno dei due coniugi:

  • Per danno: in questo caso l’istanza di divorzio viene presentata da uno dei coniugi che si ritiene danneggiato dal comportamento dell’altro; la parte lesa deve produrre delle prove del danno, materiale o morale, subito.
  • Per reciproco consenso.
  • Senza motivo o, come viene definito dalla giurisprudenza tunisina, “per capriccio” in quanto il coniuge che richiede lo scioglimento del legame non è tenuto ad addurre giustificazioni alla decisione di divorzio, con l’obbligo per il congiunto richiedente di assumersi tutte le responsabilità, accollandosi l’onere di pagare i danni e indennizzare il coniuge dal quale vuole separarsi.

Una riforma del codice nel 1981 ha toccato il divorzio senza motivo, l’equivalente, nella pratica, al ripudio giudiziario, soprattutto esercitato dagli uomini. Il legislatore, in questo caso, rompe il principio di uguaglianza, a favore della donna. Il domicilio coniugale appartenuto alla coppia generalmente viene concesso in uso alla moglie, in quanto, nella grandissima maggioranza dei casi, è a essa che viene affidata la custodia dei figli. Quando subisce il divorzio, la donna è in diritto di domandare la riparazione del pregiudizio subito sottoforma di una rendita vitalizia che il coniuge, il quale ha avviato il procedimento di divorzio, deve erogare. È un’innovazione giuridica molto importante che non trova precedenti né legami con la tradizione classica.

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